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USO IMPROPRIO

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Lunedì, 5 maggio 2025

Il re stava seduto nel suo palazzo d’inverno, era il nono mese, e il braciere ardeva davanti a lui. Appena Ieudi leggeva tre o quattro colonne, il re le tagliava con il temperino da scriba e le gettava nel fuoco del braciere, finché tutto il rotolo fu consumato dal fuoco del braciere (Geremia36:22,23)

Il re Ioiachim, dopo aver ascoltato alcune colonne del rotolo dettato da Geremia, le tagliava con un temperino, gettandone un pezzo dopo l’altro nel fuoco, finché tutto fu consumato. Né lui né i suoi servitori si spaventarono; nessuno di loro si ravvide.

Questo gesto, così lontano nel tempo, si presta ad alcune riflessioni su come oggi viene ricevuta la Parola di Dio.

Quante volte essa è spezzettata, tagliata e selezionata secondo preferenze personali? Si citano versetti fuori contesto, si evitano i passi che chiamano al ravvedimento, privilegiando quelli che rassicurano. È un uso riduttivo e comodo della Scrittura, che ne conserva la forma ma ne perde la sostanza.

Nel frattempo, il re si riscaldava al braciere, il rotolo bruciava, e ogni “trancio”, consumandosi, emetteva lampi di luce.

Anche oggi molti cercano nella Parola di Dio luce e guida, senza alcuna intenzione di conoscere la Sua volontà, cercando rivelazioni illusorie, senza timore di Dio, senza ravvedimento, senza alcuna vera trasformazione.

Come il re, che bruciando quel rotolo fu esposto a un calore effimero, così molti oggi usano la Parola per trarne conforto, sollievo, motivazione – ma senza permettere che essa tocchi veramente e profondamente il loro cuore.

È un calore terreno, emozionale, che riscalda per un momento, ma non trasformala vita. La Scrittura, se non è accolta nello spirito, diventa materiale di consumo: legna da ardere, non fuoco che purifica.

Dio, però, non resta in silenzio, ma ordina a Geremia di riscrivere ogni parola, aggiungendone altre. La Parola, infatti, non può essere distrutta, e se non ce ne avvaliamo per la salvezza, essa torna, cresce e giudica.

Dio ci aiuti, fratelli e amici, a non usare la Parola, ma a lasciarci usare da essa: a non spezzarla, ma a riceverla con sottomissione; a non cercare solo luce e calore superficiali, ma a essere pronti a ricevere la verità che scuote, salva e rinnova.